giovedì 3 novembre 2011

La co-combustione di biomasse e carbone nelle grandi centrali termoelettriche

Nel contesto venutosi a creare con la liberalizzazione del mercato dell’energia successiva al Decreto Bersani e con il perdurare di una offerta ridotta (vedi black-out nazionale), si sono aperti nuovi scenari nel settore dell’energia tali da creare una forte attrazione per gli investitori. D’altra parte, nonostante il Decreto Marzano (Sblocca centrali), si assiste ad una situazione di stallo dovuta, oltre a resistenze delle comunità locali, anche all’incertezza sull’approvvigionamento del gas naturale e sulla realizzazione di rigassificatori.


Per di più la domanda di energia elettrica in Italia è stimata in aumento del
3% su base annua nel prossimo decennio; previsioni più ottimistiche
portano questo valore al 6% annuo. Inoltre, in base agli accordi ed alla stipula di trattati mondiali (come 
Ma utilizzare le fonte energetiche rinnovabili non significa seguire 
obbligatoriamente la strada della realizzazione di nuovi impianti, con conseguente bisogno di grandi investimenti e con il conseguente

malumore che si verrebbe a creare nella cittadinanza per il noto principio di NIMBY (Not In My Back Yard, non nel mio giardino). L’alternativa al nuovo che è stata messa a punto è quella della co-combustione in centrali ibride.


Il Decreto Ministeriale 18 Marzo 2002 Modifiche e integrazioni al decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, di concerto con il Ministro dell’ambiente, 11 novembre 1999, concernente “direttive per l’attuazione delle norme in materia di energia elettrica da fonti rinnovabili di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’art. 11 del Decreto Legislativo 16 marzo 1999, n. 79” [1] definisce all’art. 1 co-combustione la combustione contemporanea di
combustibili non rinnovabili e di combustibili, solidi, liquidi o gassosi,
ottenuti da fonti rinnovabili. La co-combustione rappresenta una delle
scelte a breve termine più efficienti in tema di produzione di energia
elettrica da fonti rinnovabili per i seguenti motivi:

  • non dovendo realizzare un nuovo impianto, i tempi per la riconversione di una centrale alla co-combustione sono relativamente brevi;
  • di conseguenza l’investimento per la realizzazione di tale processo risulta pressoché nullo, dal momento che tutte le componenti del vecchio impianto continueranno ad essere funzionali in seno al processo di conversione energetica;
  • la combustione di una percentuale di biomasse per la produzione di energia elettrica produce una equivalente riduzione di CO2 con altrettanta riduzione in termini di inquinamento ambientale;
  • ulteriore vantaggio è dato dal fatto che la co-combustione permette di avere dei rendimenti energetici nello sfruttamento di fonti rinnovabili molto più elevati rispetto al processo di conversione energetica alimentato esclusivamente a fonte rinnovabile.

Riguardo alla combustione delle biomasse, il DPCM 8.3.2002 Disciplina delle caratteristiche merceologiche dei combustibili, aventi rile
vanza ai fini dell’inquinamento atmosferico, nonché delle caratteristiche tecnologiche degli impianti di combustione [2], definisce all’art.3, 
comma 1, lettera n) che le biomasse combustibili che possono essere impiegate in co-combustione, in accordo con l’Allegato III al decreto medesimo sono costituite da prodotti vegetali provenienti da:

  • coltivazioni dedicate;
  • interventi selvicolturali, manutenzioni forestali e potature;
  • lavorazione esclusivamente meccanica di legno vergine costituito da cortecce, segatura, trucioli, chip, refili e tondelli di legno vergine, granulati e cascami di legno vergine, granulati e cascami di sughero vergine, tondelli non contaminati da inquinanti aventi le caratteristiche previste per la commercializzazione e l’impiego;
  • lavorazione esclusivamente meccanica di prodotti agricoli, aventi le caratteristiche previste per la commercializzazione e l’impiego.

Si tratta, dunque, di biomasse cosiddette  vergini, esenti da colle,
plastiche ed altri elementi o materiali estranei.

La co-combustione in centrali a carbone di grossa taglia consente di
ottenere un’efficienza media di trasformazione energetica delle biomasse del 36% in luogo di valori inferiori al 20% per impianti di nuova costruzione alimentati a sole biomasse. Il maggiore rendimento è dovuto all’alta temperatura della caldaia (sorgente calda del ciclo termodinamico) che garantisce in co-combustione la produzione di vapore surriscaldato e di vapore risurriscaldato a 540 °C in luogo dei valori tipici degli impianti a biomasse in cui le temperature del vapore oscillano tra 460 ÷ 510 °C.


La co-combustione della biomassa non richiede sostanziali modifiche
al processo dell’impianto esistente qualora la percentuale di biomassa in sostituzione al carbone sia del 5÷15%. Il circuito di alimentazione del combustibile alle caldaie non necessita di alcuna modifica rispetto allo stato attuale: il sistema esistente infatti è idoneo a convogliare la miscela dei due prodotti, dove carbone e biomassa verranno omogeneizzati e saranno immessi in caldaia attraverso l’esistente sistema di alimentazione ai bruciatori.

la conferenza di Rio de Janeiro o la conferenza di Kyoto conclusasi
con la stipula dell’omonimo trattato), è cresciuta la necessità di rivolgersi alle fonti energetiche rinnovabili per rispettare i vincoli in materia di inquinamento ambientale e sviluppo sostenibile. Tutte queste considerazioni portano alla conclusione che è necessario per l’Italia investire sulle fonti energetiche rinnovabili in tempi brevi.




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